Pesce e mercurio, come evitare il problema a tavola
E’ noto a tutti il problema di inquinamento da mercurio presente nella carne dei pesci di grandi dimensioni e carnivori.
Solo l’anno scorso ha fatto scalpore l’inchiesta di Altroconsumo in cui la testata si è vista confermare e peggiorare i propri dubbi sul pescato che arriva nelle nostre tavole.
L’inchiesta ha, infatti, stabilito come il metallo sia stato trovato in tutti e 46 i campioni portati in laboratorio.
Nei tranci di pesce (spada, tonno, smeriglio, verdesca, palombo), ben otto sono addirittura risultati fuori legge, a causa di un contenuto di mercurio superiore a 1 mg/kg, il limite già generoso che la normativa prevede per i pesci particolarmente soggetti alla presenza di questo inquinante (mentre per i pesci meno a rischio il limite è 0,5 mg/kg). Ancora di più, ben 12, sono risultati i campioni a norma di legge, ma che hanno comunque una quantità di mercurio tale da renderli sconsigliabili a donne gravide e bambini.
Quali rischi si corrono
I problemi derivano principalmente dal metilmercurio, la forma di mercurio legata all’azione di alcuni microrganismi acquatici: è di gran lunga la forma di mercurio organico più comune nella catena alimentare e anche la più tossica.
Il metilmercurio ha infatti maggiore capacità di penetrare nel nostro organismo, si accumula soprattutto nei globuli rossi ed è così trasportato in giro attraverso il sangue.
Arriva alla ghiandola mammaria e passa nel latte materno.
Contrariamente al mercurio inorganico, il metilmercurio è inoltre in grado di attraversare la placenta, la barriera cerebrale e quella cerebrospinale, raggiungendo così cervello e sistema nervoso centrale.
Studi recenti hanno confermato il nesso tra l’esposizione fetale al metilmercurio e il ridotto sviluppo neurologico del bambino. Non sono stati evidenziati effetti negativi a livello neurologico nel caso della popolazione adulta.
Evitare il problema: ecco come
Impara a scegliere i pesci che sono meno soggetti all’inquinamento da mercurio. Si tratta dei pesci di taglia più piccola e di quelli non carnivori. Infatti il mercurio tende ad accumularsi nei pesci predatori, quelli che si nutrono di altri pesci, “ereditandone” via via la quota che le loro prede avevano a loro volta immagazzinato.
Per gli adulti, è bene non consumare più di una porzione alla settimana di pesci predatori, noti per la loro contaminazione da metilmercurio: parliamo di spada, tonno, squalo, verdesca, smeriglio, palombo, marlin, luccio.
Queste specie andrebbero alternate con altre meno contaminate: sardine, sgombri, branzini, orate, sogliole, trote, salmone e molti altri.
Il consumo di tonno in scatola è considerato più sicuro, perché i pesci utilizzati sono generalmente di più piccole dimensioni e quindi più giovani: il loro contenuto di mercurio è limitato.
Le donne che hanno programmato una gravidanza, gravide o in allattamento e i bambini dovrebbero evitare del tutto il consumo di pesci predatori per limitare i rischi del metilmercurio sul sistema nervoso in via di sviluppo.
Ottimi suggerimenti Luca, sempre attento all’alimentazione in generale.
Ottimi consigli. Sono informazioni utilissime e le Condivido subito.
Non è possibile obbligare le aziende a dichiarare la percentuale di mercurio sulle confezioni del pesce?
No, ogni carne sarebbe diversa quindi si sceglie di controllare a campione… poi per Legge deve rispettare degli standard, se è in vendita li rispetta ed è sicura nelle quantità normali.